Al 3 giugno 2020, la filiera della Moda conta 1.175 imprese in rete, che partecipano a 399 contratti di rete.
La filiera della moda è stata classificata prendendo in esame i codici Ateco presenti nell’allegato.
In linea con il trend generale, la tipologia di rete preferita dal settore Moda è quella della rete-contratto, scelta dal 61% delle imprese della filiera (in valori assoluti 719), a fronte di 456 imprese aggregate tramite reti con soggettività giuridica. Tale tendenza si consolida osservando i dati sul numero di contratti di rete (399): il 69% è infatti da ricondurre a reti-contratto (275), che rappresentano la tipologia prevalente, mentre il 31% è composto da reti-soggetto (124).
Dai dati osservati emerge che la filiera, sul piano delle aggregazioni in rete, presenta ampi margini di sviluppo, rappresentando oggi poco più del 3% delle imprese in rete a livello nazionale. Tale dato attesta una ancora limitata capacità di aggregazione, che invece sarebbe opportuna e strategicamente vincente per un tessuto imprenditoriale caratterizzato da tante realtà frammentate e di piccola e media dimensione, con eccellenti livelli di qualità, design, creatività, gusto estetico e competenza.
Sono nove i comparti individuati all’interno della filiera Moda, tutti presenti in rete, seppur con peso diverso: il commercio-moda è il primo per numero di imprese con il 44%, seguito dai comparti tessile (29%), pelletteria (12%) e calzature (8%). Con percentuali più basse si individuano oreficeria-argenteria-gioielleria (3%), design (2%), concia (1,2%) e, infine, occhialeria (0,4%) e pellicceria (0,4%).
La composizione dei comparti varia in maniera considerevole se si osservano distintamente le due tipologie di contratti di rete. Le imprese che partecipano a reti-soggetto, infatti, operano per la gran parte (83%) nel commercio di beni di moda e per il 12% nel comparto tessile; lasciando agli altri comparti della filiera un peso residuale (complessivamente il 5%).
Osservando le imprese della filiera aggregate in reti-contratto, invece, il primo comparto in rete è il tessile (40%), seguito da commercio di beni di moda (20%), pelletteria (18,5%) e calzature (12,5%). Ad essi seguono oreficeria-argenteria-gioielleria (4,6%), design (2,2%), concia (1,8%), occhialeria (0,6%) e pellicceria (0,4%).
A livello geografico, le imprese della filiera risiedono per il 65% al Centro, per il 20% al Nord e per il 15% al Sud e Isole. Anche in questo caso però, i dati variano in maniera netta in base alla tipologia di rete considerata. Nel caso delle imprese in reti-soggetto si nota che il 90% risiede al Centro, il 7% al Nord e il 3% al Sud e isole. Tale numerosità è da ricondurre al Lazio (sul punto si veda il Report semestrale 2018, pagina 3 nota 1), dove risiedono ben 399 imprese della filiera partecipanti a reti-soggetto sul totale di 456 a livello nazionale (l’88%).
Le imprese in reti-contratto, invece, si distribuiscono in maniera più omogenea: il 50% al Centro, il 28% al Nord e il 22% al Sud. La prima regione per numero di imprese è la Toscana (192), seguita da Marche (102), Lombardia (86), Veneto e Campania (entrambe con 53).
Sono 6.219 le imprese di altri settori che collaborano in rete con la filiera Moda. Il valore è il frutto di una stima basata sull’analisi di un gruppo non omogeneo di dati, relativi ad imprese con codici Ateco a diversi digit.
Le imprese in reti-soggetto, pur essendo le meno diffuse, coinvolgono il 76% del totale di imprese di altri settori (4.718 imprese su 6.219 collaborano tramite reti-soggetto con imprese della Moda). Questo dato rispecchia il trend generale secondo cui le reti dotate di soggettività giuridica aggregano un maggiore numero di imprese: la media nazionale è di 13 imprese per ogni rete-soggetto e di 5 imprese per ogni rete-contratto. Considerando la filiera esaminata, si rileva la presenza di reti con un numero medio di imprese partecipanti sopra la media nazionale: 42 imprese per ogni rete-soggetto, 8 imprese per ogni rete-contratto.
Tra i principali partner della Moda, infine, si individuano le imprese che operano nel commercio (35%), turismo (21%), agroalimentare (8%), servizi formativi e per la persona (7%), costruzioni (7%), servizi professionali (3%) e altre attività manifatturiere (3%).